Titolo: Oltre Montego Bay: nuove tendenze verso il controllo degli spazi marini adiacenti
- Titolo: Oltre Montego Bay. Nuove tendenze
- verso il controllo degli spazi marini adiacenti
- Curato da: Sico L.
- Editore: Editoriale Scientifica
- Collana: Biblioteca universitaria
- Data di Pubblicazione: 2009
- ISBN: 8863421412
- ISBN-13: 9788863421415
- Formato: brossura
Abstract
Le tre unità di ricerca coinvolte si prefiggono di analizzare le manifestazioni della tendenza degli Stati costieri ad estendere il loro controllo sulle acque adiacenti mediante l'istituzione di zone di esercizio di potestà funzionali innovative per il bacino del Mediterraneo.
L’analisi, che in primo luogo mirerà a ricostruire i tratti salienti degli istituti nei quali tale tendenza si concretizza, muovendo dallo studio della normativa internazionale in materia di diritto del mare e di protezione del patrimonio culturale subacqueo,si volgerà poi ad una attenta valutazione dell’impatto sul Mediterraneo delle nuove e crescenti correnti di traffico commerciale verso il continente asiatico e turistico al proprio interno.Inoltre sarà studiato il regime giuridico delle diverse aree di pesca proclamate in tale bacino. I grandi progressi della tecnica, caratterizzati dalla diffusione di attrezzature di pesca e di ricerca marina e sottomarina sempre più complesse, hanno reso possibili nuove forme di sfruttamento degli spazi marini, con gravi pericoli per il patrimonio archeologico sommerso. Di qui la necessità di una disciplina internazionale uniforme che anzitutto preservi nell’area mediterranea i beni culturali sommersi dalle attività illecite dei ricercatori marini.In tale prospettiva sarà in primo luogo definito un quadro completo della normativa applicabile al ritrovamento di beni di interesse archeologico e storico nelle acque soggette alla giurisdizione dello Stato costiero, e successivamente saranno prospettate ipotesi di tutela esperibili nel caso di siti archeologici subacquei in aree internazionali; in entrambi i casi attraverso l’esame comparato delle discipline derivanti dalle citate Convenzioni e delle rilevanti norme comunitarie ed elaborate in seno al CDE. Sarà inoltre delineato un modello di comparazione delle diverse esperienze in tema di tutela dell’ecosistema marino, nell'intento di offrire al decisore pubblico una serie di opzioni, finalizzate alla tutela di tale ecosistema, entro cui operare le conseguenti scelte discrezionali. Sarà inoltre verificata la possibilità di utilizzare a tutela dell'ecosistema marino strumenti di tipo finanziario e fiscale, sperimentati in altri contesti, in modo che sia possibile valutare tra diverse soluzioni disponibili quelle che meglio si adattano alle differenti realtà che caratterizzano il sistema costiero e l'ambiente marino italiano.
L'approccio tradizionale alle tematiche che si sono accennate appare già, d'altra parte, superato dalla legge n. 61/2006, sicché l’obiettivo centrale del progetto, nelle tre sezioni in cui si articola,diviene quello di uno studio complessivo delle problematiche aperte dalla legge in relazione alle finalità della Convenzione di Montego Bay, in modo da offrire la più ampia gamma di opzioni e soluzioni relative all’implementazione della legge. In tale contesto l’utilizzazione di sistemi di alta automazione che impiegano reti neurali consentirà di definire anche modelli probabilistici, in base ai quali sarà possibile valutare le diverse opzioni di tutela offrendo ulteriori e significativi elementi di analisi comparata delle misure adottabili, a più livelli ( confronto con la legislazione di altri Paesi mediterranei ed integrazione della normativa nazionale con le normative regionali). Intento caratterizzante e condiviso dalle tre unità di ricerca è pertanto anche quello di costruire strumenti di valutazione per l’attuazione degli obiettivi di Montego Bay in una prospettiva di sviluppo economico e sociale delle realtà costiere nazionali.
Ai fini della diffusione dei risultati della ricerca, la struttura, oltre a prevedere la pubblicazione di numerosi studi di dettaglio su riviste nazionali e di rilievo internazionale,utilizzerà la propria rivista on-line, Innovazione e Diritto, nonché momenti di incontro con altre Università del Mediterraneo, finalizzati al confronto dei risultati delle proprie ricerche con quelli di esperienze parallele.
Coordinatore Scientifico del Programma di Ricerca
Luigi Sico Università degli Studi di NAPOLI "Federico II"Obiettivo del Programma di Ricerca
Le tre unità di ricwerca intendono analizzare la tendenza degli stati costieri ad estendere il loro controllo su acque adiacenti mediante l'instituzione di zone che li abilitano ad esercitare poteri funzionali insoliti nel bacino mediterraneo. Il progetto di ricerca intende fornire un esame ad ampio spettro delle nuove tendenze emerse in tema di controllo da parte degli Stati costieri degli spazi marini adiacenti, evidenziando un superamento della disciplina prevista dalla Convenzione di Montego Bay del 1982.Lo studio si palesa rilevante in quanto la pretesa avanzata dagli Stati costieri ad un più esteso controllo delle acque adiacenti implica, oltre all’insorgenza di nuove zone (ecologica, di pesca e archeologica) accanto a quelle tradizionali, conseguenze su importanti istituti ormai consolidati, come l’erosione del cosiddetto “passaggio inoffensivo” nel mare territoriale, mediante previsione di meccanismi autorizzativi, nonché sul regime giuridico di zone già esistenti, come la zona economica esclusiva, che appare talvolta scomposta nei suoi elementi costitutivi, ai quali si tende a conferire autonoma rilevanza.
La circostanza che le novità sopra evidenziate non siano ancora state fatte oggetto di uno studio sistematico da parte della dottrina attribuisce alla presente ricerca un evidente carattere di innovatività;
Durata
24 mesiE’ in una fase relativamente recente che il problema della protezione internazionale dell’ambiente marino ha cominciato a presentarsi in maniera sempre più pressante all’attenzione degli operatori giuridici, sia di diritto interno che di diritto internazionale.Infatti l’esigenza di affrontare la questione della tutela del mare si é posta di pari passo con il processo di industrializzazione ed ha spinto gli Stati ad adottare una serie di convenzioni internazionali, stipulate a partire dagli anni cinquanta, sia nella forma di convenzioni a carattere settoriale, che in quella di convenzioni di carattere regionale.
Entro tali ambiti queste convenzioni internazionali non si occupano del profilo della responsabilità internazionale dello Stato, ma si limitano a fissare una serie di obblighi reciproci e bilaterali per gli Stati contraenti sulla base della contrapposizione tra interessi dello Stato della bandiera ed interessi dello Stato costiero. Negli anni settanta, si assiste però ad un profondo mutamento causato, da una parte, dal verificarsi dei gravi incidenti della Torrey Canyon nel 1967 e dell’Amoco Cadiz nel 1978 e, dall’altra, da una sensibilizzazione a livello giuridico sul problema dell’ambiente. Questo mutamento di tendenza influisce sulle successive convenzioni internazionali. Esse, infatti, attribuiscono maggior rilievo alla questione della responsabilità internazionale degli Stati, anche se in taluni casi, si limitano soltanto a ripetere le formule contenute nei princìpi nn. 21 e 22 della Dichiarazione di Stoccolma del 1972.Ai fini dello svolgimento della ricerca in corso, si intende, pertanto, assumere come base di partenza scientifica proprio gli strumenti convenzionali in materia di diritto del mare e protezione del patrimonio culturale subaqueo; in particolare, la Convenzione di Montego Bay del 1982 (Parte XII - protezione dell'ambiente marino -; e artt. 149 e 303 - reperti archeologici), la Convenzione di New York del 1994 applicativa, della Parte XI della Convenzione di Montego Bay, e la Convenzione UNESCO sul patrimonio culturale subacqueo del 2001. Lo studio di detti accordi risulta,infatti, prodromico all'analisi delle legislazioni nazionali.
La Convenzione di Montego Bay (successiva alla Convenzione di Ginevra del 1958 e alla Convenzione di Barcellona del Mar Mediterraneo contro l’inquinamento del 16.02.76 ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 25.01.79, n. 30, integrata da protocolli successivi che ne specificano le singole componenti), in particolare, all’art. 303, mette in rilievo “gli oggetti archeologici e storici scoperti in mare” attribuendo allo Stato costiero poteri di controllo sui suddetti beni non riconoscendo però una specifica competenza di natura regolamentare sull’area “archeologica”, compresa entro le 24 miglia coincidenti con i limiti della zona contigua. La norma in esame pone inoltre a carico di tutti gli Stati l’obbligo di cooperare al fine di proteggere gli oggetti di carattere archeologico e storico scoperti in mare.
Al fine di controllare il commercio dei beni oggetto del menzionato articolo, gli Stati possono presumere che ogni rimozione effettuata entro lo spazio marino suddetto senza una preventiva autorizzazione configuri una violazione avvenuta nel proprio territorio o nel mare territoriale, intesa quale inosservanza alle norme dell’ordinamento giuridico nazionale.
Lo stato costiero si trova in tal modo ad esercitare, pur in assenza di una esplicita attribuzione, poteri funzionali di controllo sul patrimonio archeologico e storico subacqueo in una zona fino a 24 miglia dalla costa.
La diversa natura dei poteri previsti in materia archeologica, rispetto a quelli già previsti nella summenzionata zona contigua, lascia emergere la formazione di un nuovo istituto nell’ambito del diritto internazionale marittimo a cui viene attribuito l’appellativo di “zona archeologica”, la cui istituzione, peraltro, non è conseguenza automatica e necessaria della proclamazione di una zona contigua.
L’esercizio di potestà dello stato costiero sui beni giacenti nella zona archeologica non assume carattere di esclusività alla luce dei limiti connessi con i diritti dei proprietari, laddove identificabili.
Altro aspetto da approfondire concerne la problematica degli strumenti economico-finanziari utilizzabili allo scopo di salvaguardare l’area protetta del mare e quindi anche la tutela dei beni culturali sommersi menzionati nel predetto art. 303 della Convenzione di Montego Bay, in quanto appare evidente che allo stato attuale difettano specifici strumenti di tutela e di protezione. Ulteriore interesse di indagine suscita l’art. 149 della Convenzione che disciplina il regime dei beni culturali giacenti nell’Area. Esso dispone che tutti i beni di carattere storico-archeologico ivi trovati debbano essere "conservati o ceduti nell’interesse dell’umanità intera”, tenuto conto tuttavia dei diritti preferenziali dello stato di origine culturale o storico-archeologica.
In definitiva, le norme degli art. 303 e 149 hanno il pregio di aver sollevato la questione dei ritrovamenti e scoperte in mare di“oggetti di origine storica e archeologica”, costituendo in concreto un punto di riferimento preliminare che reclama una successiva regolamentazione di dettaglio, realizzabile anche attraverso la conclusione di accordi a carattere regionale o sub regionale.
Le norme del diritto italiano, del diritto dell’UE, dei trattati internazionali in vigore per l’Italia in materia di prevenzione e repressione di tutti i tipi di inquinamento marino,nonché in materia di protezione dei mammiferi, di biodiversità e del patrimonio archeologico e storico, sono applicate anche nei confronti delle navi battenti bandiera straniera e delle persone di nazionalità straniera.
In attuazione del nuovo codice dell’ambiente, approvato con d.lgs. 152/2006 è stato applicato un approccio integrato che unifica le norme riguardanti la difesa del suolo, la tutela delle acque e la gestione delle risorse idriche. in particolare si è avviato:
° L’integrale recepimento della Direttiva 2000/60/Ce in materia di acque;
° L’aggiornamento e revisione della disciplina degli scarichi ;
° La riconferma del principio di pubblicità delle acque ;
° La razionalizzazione della disciplina delle forme di affidamento del servizio;
° L’istituzione di un’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, organismo con il compito di assicurare l’osservanza dei principi e delle disposizioni in materia di risorse idriche e di rifiuti.
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte va sottolineata la rilevanza assunta della tutela dell’ambiente marino, non più limitata all’interesse del singolo Stato costiero, bensì estesa a tutti gli Stati, marittimi e non, onde garantire il prevalere di un interesse generale della Comunità internazionale alla preservazione della propria integrità ecologica.
Il carattere pubblicistico dei poteri accordati agli stati ed il carattere erga omnes degli obblighi su di essi gravanti in materia d’inquinamento, nonchè il loro stretto collegamento con l’interesse collettivo della Comunità internazionale, ha trovato già ingresso nella Convenzione di Montego Bay,favorendo l'avvento di nuovi istituti, che rappresentano l’esempio tangibile della portata delle trasformazioni subite dalla normativa internazionale rilevante.
Il salto di qualità compiuto dalla citata normativa, in conclusione, può riassumersi nella considerazione che, nel preminente interesse generale della Comunità internazionale, la materia dell’inquinamento marino tende ad affrancarsi da qualsiasi collegamento con l’esercizio della potestà di governo esplicata a titolo spaziale, connaturandosi invece come esercizio di poteri pubblicistici conferiti agli Stati e, parallelamente, agli obblighi erga omnes su di essi gravanti in siffatta materia.